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Daniele chiocchio integra design architetto

Daniele Chiocchio – L’armonia dell’insieme nell’ hôtellerie

16 - 04 - 2025

Eventi, mostre, interior design: l’architetto Daniele Chiocchio orchestra i rapporti tra architettura, arte e spazi pubblici con sicurezza e maestria.

Architetto, ci racconti il suo lavoro.

Nel 1999 io e il mio socio Valerio Gini, architetto anche lui, abbiamo fondato Integra Studio, diventato in seguito Integra design e basato a Roma. La nostra attività corre su due binari paralleli. Il primo è quello dei grandi eventi. Ne abbiamo realizzati tantissimi e di diverse tipologie, in Italia e nel mondo: eventi nel campo dell’automotive e dello sport, eventi corporate per grandi aziende, eventi legati all’arte, tra cui grandi mostre.

Il secondo binario è quello dell’hôtellerie, che comprende tutto quello che riguarda il settore hospitality e F&B, quindi non solo hotel ma anche spa e wellness, ristoranti e cocktail bar.

Dal 2012 abbiamo realizzato molti interni per hotel, ma non solo: in realtà ci occupiamo di tutto, a partire dal concept e dalla progettazione preliminare per arrivare alla progettazione esecutiva e direzione artistica, fino all’interior design in ogni suo dettaglio.

Quindi il suo lavoro è profondamente legato all’arte…

Sì, certamente. Si può dire che siamo nati così, tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000: abbiamo iniziato infatti con l’exhibit design e con gli eventi, con mostre di grande richiamo, come quella sugli Espressionisti al Vittoriano a Roma, o con un taglio diverso come quelle su  Moto Guzzi, sui Beatles, su Fellini, su Audrey Hepburn all’Ara Pacis. C’è da dire, inoltre, che nel nostro percorso abbiamo allargato e approfondito le nostre competenze collaborando in team con professionisti che si occupano di  light design, proiezioni, tecnologia al servizio di grandi eventi e per installazioni, anche installazioni artistiche, tanto che abbiamo lavorato a video mapping quando ancora erano poco conosciuti, in luoghi come Palazzo Vecchio, a Firenze, o Montecarlo per Ferrari. Diciamo quindi che l’arte, intesa nel suo senso più ampio, entra spesso in gioco nel nostro lavoro, in modo trasversale.

In questo senso, può raccontarci l’esperienza di U-Visionary Venezia?

Mi piace il modo di lavorare di Cinquerosso Arte, e mi piace anche la possibilità di conoscere altri artisti,

L’inserimento di opere d’arte, o comunque di immagini artistiche, all’interno di strutture alberghiere è sempre una questione delicata.

Nel caso di U-Visionary Venezia avevamo un tema forte: siamo partiti dal ruolo della città come porta verso l’Oriente, con la sua storia di viaggi e scambi. Ci siamo ispirati a questo per tutta una serie di elementi dell’interior design: arredi, tessuti, dettagli, citazioni… Avevamo bisogno di qualcosa di esotico, nel senso più ampio del termine: qualcosa che avesse delle caratteristiche in qualche modo evocative ma che fosse acquistabile in grandi numeri. In un albergo, che mediamente ha 30, 40 camere, nella maggior parte dei casi non si possono acquistare pezzi singoli a cifre importanti. Per questo abbiamo trovato molto interessante la proposta di Cinquerosso Arte, con le sue riproduzioni di altissima qualità.

Abbiamo scelto tre artisti. Uno è Giulio Rigoni, con le sue immagini oniriche, ricche di elementi esotici. Nelle sue illustrazioni ho trovato collegamenti con Venezia, sia nelle immagini nel loro insieme sia nei tanti elementi iconografici. Poi c’è Icaro, con i suoi Botales: fotografie di batacchi che rappresentano figure metà umane e metà animali, e richiamano l’atmosfera misteriosa e affascinante di questa città. E poi c’è Luca Brandi, e nel suo caso abbiamo scelto opere con disegni geometrici e palette che si sposano perfettamente con il design generale, ma che soprattutto hanno un elemento interessante: sono molto “confortevoli”, evocano una sensazione di calma che rimanda anche alla cultura asiatica. Penso per esempio ai  giardini zen con le loro righe tracciate sulla sabbia, mentre qui sono tracciate nel colore.

Poco fa accennava al fatto che il rapporto tra arte e hôtellerie è piuttosto delicato. A che cosa si riferiva?

Sì, è delicato perché bisogna cercare di caratterizzare gli ambienti ma allo stesso tempo trovare il giusto equilibrio con gli altri elementi di arredo. Le opere d’arte devono essere interessanti e ben sposarsi con il contesto del design, senza appesantirlo. Un albergo non è uno spazio espositivo, non è un museo. L’opera d’arte non deve essere protagonista ma inserirsi in maniera organica e armoniosa. Quindi c’è una questione di rapporto e proporzione. Cinquerosso Arte, con la sua galleria così ampia, ci ha permesso di individuare artisti e opere in sintonia con il concept, che si inserissero e andassero a completare perfettamente il disegno generale.

Leggi l’intervista a Francesca De Pieri!

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