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corpi pittura

Filippo Manfroni – Raccontare attraverso il corpo

01 - 07 - 2024

Illustratore e visualizer per grandi agenzie di pubblicità, Filippo Manfroni si è avvicinato alla pittura spinto dall’urgenza di raccontare. Protagonista delle sue opere è il corpo, a cui è affidato il compito di celebrare la ricerca del senso dell’esistenza.

Filippo, parlaci di te e del tuo rapporto con la pittura.

Credo che tutto sia nato da un bisogno di raccontare. Sono sempre stato affascinato dalle storie. Leggere un libro, guardare un film, ascoltare un racconto significa vivere esperienze grazie alla pura forza dell’immaginazione. Affascinato da tutto questo, dopo aver studiato arte a Urbino mi sono trasferito a Milano per studiare fumetto. Ho tentato con il linguaggio delle graphic novel, ma mi sono reso conto che non era la mia strada e ho fatto un passo indietro. Del resto non puoi trarre il meglio da te stesso se ti ostini a inseguire l’obiettivo sbagliato. Ho capito che io potevo essere più bravo a condensare un racconto in un’immagine e da allora mi sono dedicato a coltivare questo talento con tutte le mie energie.

E non è stato facile.

Quali difficoltà hai incontrato?

Intanto, ho dovuto imparare molto da autodidatta. Infatti, come dicevo, ho frequentato l’Istituto d’arte e la scuola di fumetto dove ho studiato disegno e non pittura. Quindi ho imparato a dipingere attingendo a diverse fonti, per prove ed errori. Ho presto spunto da dipinti che mi affascinavano, cercando di capire come fossero stati realizzati. Ho guardato tutorial che spiegavano come usare la tela e la tavolozza, e così via.

In parallelo c’è stato tutto il percorso per trovare la mia voce. All’inizio mi sono ispirato molto a Kent Williams, un graphic novelist che a sua volta deve molto a Schiele. Poi la mia pittura si è emancipata da questo bisogno di imitazione, e finalmente ho trovato una mia identità come pittore. Tutto questo attraverso tentativi, insuccessi e risalite, di cui sono molto orgoglioso.

Che cosa racconti nelle tue opere?

Racconto l’umano. Racconto le persone, le relazioni, gli stati d’animo, le passioni. A volte mi ispiro a qualcosa che ho visto, altre volte si tratta di me: le mie fantasie, le mie paure, i miei desideri, i miei fantasmi.

Le mie opere rappresentano corpi, o parti di corpi. I corpi possono essere raffigurati in diversi modi, a seconda di dove si tende. Si può tendere a esaltarne le forme e le linee, lavorando verso l’astrazione; oppure si può tendere a raccontare qualcosa, come faccio io. Cerco di dare un messaggio, di fissare un’intuizione.

Quando ero molto giovane ho avuto bisogno di trovare un modo per integrarmi con gli altri. E allora mi sono messo a osservarli: guardavo come si comportavano, come si muovevano, come comunicavano e si relazionavano tra loro. Sono diventato molto bravo a osservare e a capire gli altri, forse più di quanto non capisca me stesso. In particolare mi emoziona il nostro essere così fragili e così tormentati dal bisogno di capire perché siamo qui. Da questo senso di precarietà deve nascere, secondo me, la gratitudine. Dobbiamo essere grati di essere vivi. Ecco, è tutto questo che mi piace raccontare.

Che cosa pensi di Cinquerosso Arte?

Penso che le opere scelte siano davvero di altissimo livello, e umanamente mi sto trovando molto bene. Sono dell’idea che ci sia bisogno di molta più bellezza e gentilezza. Il progetto di Cinquerosso Arte è fondamentale per il primo punto.

L’arte ha ovviamente costi elevati, spesso proibitivi, ma l’intuizione di diffondere la bellezza attraverso immagini di altissima qualità a prezzi contenuti è sicuramente valida. 

Leggi l’intervista a Enrico Pelissero!

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