Fotografo professionista da trent’anni, Franco Covi è sempre alla ricerca di nuovi linguaggi e nuove forme espressive, dalle pellicole all’intelligenza artificiale.
Franco, raccontaci di te.
Ho cominciato giovanissimo a praticare questo mestiere, prima come assistente e poi, a 21 anni con una mia attività. Anzi, in realtà la mia prima macchina fotografica mi è stata regalata a 6 anni, quindi posso dire di aver iniziato cinquant’anni fa.
Come fotografo ovviamente mi dedico a molti progetti diversi, ma nella parte più artistica e personale del mio lavoro continuo a interessarmi soprattutto del corpo umano.
Da una decina di anni ho iniziato a realizzare anche video per sperimentare e sperimentarmi, video che hanno come protagonisti danzatori e danzatrici. Oggi mi definisco fotografo e videomaker.
Anche nelle tue fotografie i protagonisti provengono dal mondo della danza, giusto?
Sì, già da tempo. Questo perché trovo che danzatrici e danzatori siano più interessanti di modelle e modelli, perché sanno esprimere molto meglio, con il corpo, quello che ho in mente di fare. Io descrivo una situazione, un concetto, e loro lo interpretano con facilità perché sono abituati a raccontare attraverso il corpo. Quasi sempre sono danzatrici, ma molto dipende da quello che voglio dire attraverso l’immagine. Per esempio, quando ho voluto fotografare un corpo in un ambiente roccioso, selvaggio, ho scelto di farlo con un danzatore.
A che cosa ti ispiri? Come nascono le tue foto?
Può sembrare una cosa un po’ strana, quasi mistica, ma spesso ho come delle visioni, dei sogni. Ho in mente di voler fare una foto, e nel dormiveglia la vedo. Vedo proprio la foto già stampata. Mi succede molto spesso che arrivino le immagini, e che io mi ritrovi davanti agli occhi un album da sfogliare. Poi nella realizzazione capita che inventi qualcosa, anche insieme alle persone fotografate che – come dicevo – sono spesso danzatori e danzatrici. Non è mai un assolo, ma un dialogo. Spesso uso il bianco e nero, ma non è diktat. Parto dall’immagine, e poi a volte decido in seguito se finalizzarla a colori o in bianco e nero. Del resto oggi la tecnologia ce lo permette, e io sono sempre stato un fautore delle nuove tecnologie.
Adesso a che cosa ti stai dedicando?
In questo periodo sto studiando le applicazioni di intelligenza artificiale che permettono di generare immagini a partire da una serie di parole, da una descrizione. Molti storceranno il naso, ma io lo trovo oggettivamente interessante. È anche questo un modo di raccontare attraverso le immagini. Ora sto appunto cercando di capire se posso combinare la fotografia con queste tecniche, se esiste una strada percorribile e artisticamente interessante.
Se dovessi definire la mia fotografia con una parola, direi che è esplorativa. Sia perché mi piace esplorare nuove tecniche, sia perché quando “ricevo” le immagini esploro, indago, quello che è la mia mente è in grado di propormi. Per cui ogni volta è una sorta di ricerca nei meandri del pensiero, nella soglia tra il sonno e la veglia. Dopo, riproduco il mio sogno.