Alberto Apostoli non ha bisogno di presentazioni. Leader internazionale nella progettazione di spa, il suo Studio Apostoli , è ben noto nel mondo dell’hötellerie. È quindi un grande onore e privilegio avere l’occasione di parlare con lui di architettura del benessere, e del ruolo dell’arte.
Architetto, la filosofia che ispira i suoi progetti è il binomio architettura e benessere. Può tratteggiarla per i nostri lettori?
La filosofia progettuale che perseguo da sempre è quella di un’architettura come strumento, cioè come mezzo per la creazione di benessere anziché fine a se stessa. Al netto dell’impatto estetico che l’architettura ha sulle persone, non mi fermo mai al semplice esercizio formale o architettonico.
Cerco sempre di immaginare quale sarà il beneficio per le persone in una certa scelta architettonica, un certo uso del colore e delle forme, una certa dimensione degli spazi; penso a quali saranno le funzioni, il rapporto tra interno ed esterno, e ogni altro dettaglio. Considero tutto questo alla luce dell’impatto che avrà su mente, corpo e anima. Interrogarsi sulla migliore soluzione per il benessere della persona è un cambio di paradigma progettuale molto importante: l’effetto estetico, il gesto artistico o il gesto tecnico – insomma, gli aspetti formali – sono subordinati alla ricerca di una dimensione di benessere.
Non è sempre facile, ma il payoff del mio studio è appunto “creatore di benessere attraverso l’architettura”.
Quali sono le sfide che deve affrontare un architetto in questo ambito, e che cosa c’è di diverso rispetto ad altri?
Nell’architettura del benessere dobbiamo considerare il cliente finale e lo staff, e dobbiamo considerare la sensorialità degli spazi, cioè l’uso dei 5 sensi: la vista, naturalmente, ma anche l’olfatto, il tatto, l’udito e in parte anche il gusto. E poi c’è la quint’essenza, quella sorta di sesto senso che si innesca quando si verificano situazioni particolarmente cariche a livello emotivo. Questa è una prima peculiarità, se consideriamo il nostro lavoro da un punto di vista poetico-artistico.
Ci sono poi difficoltà intrinseche del settore benessere tra cui, per esempio, la componente impiantistica. E dobbiamo anche valutare lo stress a cui sono sottoposti materiali e superfici: pensiamo alle temperature in gioco, pensiamo all’uso dell’acqua, all’umidità degli ambienti. Inoltre dobbiamo tenere conto del fatto che i clienti si muoveranno seminudi, o scalzi, o che non potranno usare gli occhiali e avranno quindi una capacità visiva minore.
Dovremo quindi avere alcune accortezze tecniche molto specifiche, e diverse rispetto a quelle di altre architetture. Infine, ma non per importanza, occorre conoscere molto bene la macchina benessere; serve cioè una piena consapevolezza di come gli spazi vengono utilizzati, gestiti e manutenuti. L’esperienza del benessere non dipende solo dall’architettura, ma anche dal servizio, in particolare in termini di comfort. Questo significa saper prevedere e valutare come si muoverà lo staff, come si muoverà il cliente: una caratteristica che il mondo del benessere ha in comune con quello della ristorazione. Non possiamo progettare qualcosa di bello, se poi non è funzionale.
Voi vi occupate anche di design del prodotto. Quindi, oltre agli spazi, ideate anche ciò che questi spazi contengono…
Sì. Progettare prodotti implica dover tenere conto di tutto quello che ho detto in termini di funzionalità, ma per noi significa anche dare importanza alla multisensorialità. I prodotti che disegniamo parlano, di solito, non solo alla vista ma anche agli altri sensi, e in questo siamo molto attenti alla componente tecnologica. Inoltre, nella stragrande maggioranza dei casi bisogna considerare una certa ritualità, una certa liturgia dell’oggetto. È un aspetto che mi affascina molto, ed è veramente specifico del mondo del benessere. Se pensiamo per esempio a un massaggio, a una sauna, a un certo uso dell’acqua, notiamo una ritualità che in alcuni casi diventa una sorta di liturgia: una ritualità ricorrente e normata.
Teniamo conto che il mondo del benessere è spesso legato a pratiche e filosofie di origine orientale, e ne porta le tracce. Il principale effetto di queste liturgie è quello di mettere ordine tra le azioni: se non è necessario chiedersi che cosa fare, è più facile concentrarsi sull’hic et nunc.
Ovviamente dobbiamo tenere conto del mercato, delle tecnologie disponibili, dell’ergonomia, ma come dicevo diamo grande rilevanza all’aspetto liturgico.
Qual è il ruolo dell’arte in tutto questo?
Nel mondo del benessere l’arte rientra in tutte le sue forme, dalla pittura alla musica, ma è un’arte anche l’uso della luce, o la cucina. L’arte figurativa in particolare è fondamentale perché enfatizza o interpreta il concept generale. Se pensiamo al settore dell’hospitality, lo storytelling di un hotel passa anche attraverso le opere d’arte incluse nell’opera architettonica, che hanno il potere di caricare, concentrare, sintetizzare un pensiero. Il cliente medio non può comprendere pienamente uno storytelling complesso come quello di un hotel, ma ne può percepire l’essenza con una semplice immagine.
Questo è vero anche, e soprattutto, nel settore del benessere. Per fare un esempio: nel caso di una cabina, devo scegliere opere diverse a seconda che si pratichi una ritualità nordica, piuttosto che thailandese, per comunicare in modo efficace e creare la giusta atmosfera.
Che cosa pensa di Cinquerosso Arte, e dell’idea di una galleria dedicata principalmente all’hötellerie?
L’idea di Cinquerosso Arte è assolutamente in linea con le esigenze di questo settore, perché offre una varietà e una complessità di proposte artistiche molto interessante. Chi, come noi, si ritrova a dover enfatizzare concetti complessi, ha bisogno di un catalogo vastissimo e di tantissimi stimoli. In alcuni casi estremi, si potrebbe partire proprio dall’opera d’arte e costruire intorno a essa un concept.
Cinquerosso Arte propone artisti molto diversi tra di loro, ognuno con il proprio stile e la propria interpretazione, e potrebbe essere interessante commissionare delle opere sulla base di alcune specifiche del progetto.
Ci è capitato di farlo, cioè di rivolgerci ad artisti con una sensibilità affine al concept e chiedere loro di interpretarlo, di lasciarsi ispirare. Si tratta di un lavoro su commissione, ma questo non toglie nulla al valore artistico: basti pensare alla Cappella Sistina, che è un esempio eclatante di quello che si può creare in seguito a una commessa.
Il mio studio dà sempre al cliente indicazioni, se non addirittura prescrizioni, circa l’aspetto decorativo, e in questo rientra anche la scelta delle opere d’arte. Bisogna considerare, infatti, che in questo tipo di scelte incide molto il gusto personale, ma può capitare che i gusti della proprietà vadano a discapito del risultato finale, a prescindere dalla qualità delle opere stesse.
Un’opera d’arte meravigliosa può rovinare uno storytelling con cui non è in sintonia, ed è per questo che occorre andare oltre il gusto personale e scegliere con cognizione di causa, soprattutto nel settore hötellerie.