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Giovanni Mercatelli – L’avventura dell’arte

Malgrado la giovane età, Giovanni ha le idee chiare sul suo futuro e vorrebbe dedicare la sua vita all’arte. Le sue opere riflettono una personalità energica, poliedrica e appassionata, che lo ha già portato in giro per il mondo.

Giovanni, raccontaci di te e del tuo rapporto con l’arte.

Il mio rapporto con l’arte inizia in un’epoca di cui non ho memoria. Mia madre mi racconta che tornavo a casa dall’asilo tutto sporco perché mi rotolavo nei colori, su tele enormi. E anche a casa ero circondato da materiali artistici perché mia madre realizzava (e realizza tutt’ora) bellissime cornici in cartapesta; inoltre è un’interior designer ed è sua abitudine visitare mercatini e portare a casa bellissimi oggetti che per me sono sempre stati fonte di ispirazione. Mio padre invece dipinge con gli acquarelli; la sua particolarità è che dipinge sempre lo stesso soggetto, un panorama marino, forse perché ha nostalgia dei tempi in cui viveva ai Caraibi. Così ho sempre respirato arte e ho continuato a disegnare anche da adolescente, ma questa passione ha iniziato a prendere una forma definita quando – a 19 anni – mi sono trasferito in Olanda per studiare.

Eri andato a studiare arte?

No, design industriale del prodotto. Purtroppo non mi sono trovato bene: la città, il clima, non mi piacevano e sono stati tre anni piuttosto duri durante i quali mi sfogavo appunto disegnando. L’arte, quindi, è arrivata come via di salvezza, come sfogo.

I disegni di quel periodo erano molto scuri, molto viscerali. Già allora emergevano i richiami al mondo del fumetto, perché l’altro sistema che avevo trovato per consolarmi era leggere Hugo Pratt. Corto Maltese è per me fonte di grande ispirazione: sogno una vita avventurosa come la sua e proprio per questo dopo la laurea triennale sono andato a vivere in un’isola dall’altra parte del mondo: a Key West.

L’isola di Hemingway.

Esatto. È il punto più a sud degli Stati Uniti d’America, nello stato della Florida, di fronte a Cuba. Ero ospite di un’amica di famiglia che ha una galleria d’arte dove espone tutti gli artisti locali. Mi sono ritrovato quindi circondato da opere d’arte che straripavano di colori. Per me era una novità assoluta, perché in quel periodo disegnavo solo in bianco e nero con la penna a china. Sono rimasto lì circa un anno. Mi mantenevo lavorando come muratore e intanto scoprivo gli acquarelli, portando il colore nei miei disegni. Il mio periodo a Key West è stato molto solitario, perché mi sono trovato lì nel periodo della pandemia e sull’isola vivono solo anziani, ma è stato anche molto sereno.

E dopo?

Sono tornato in Italia per frequentare un master sulla sostenibilità, che ho poi terminato in Olanda. A quel punto però ho deciso di dedicarmi all’arte con maggiore serietà e ho cominciato a ritagliarmi del tempo. Disegnavo e disegnavo, e nella mia mente si andava chiarendo il proposito di “fare le cose in grande”. Ho preso quindi la decisione che, una volta terminato il master, sarei tornato a casa e avrei iniziato a dipingere con più assiduità, anche per vedere se le mie opere potevano piacere a qualcuno. Penso che sia la mia strada e vorrei seguirla fino in fondo. Vorrei mantenermi con l’arte e avere una vita avventurosa, come dicevo.

Come nascono le tue opere?

Comincio a distinguere due processi: uno è quello istintivo, per cui disegno senza pensare; il secondo invece parte da un’idea, da qualcosa che vedo intorno a me, da un ricordo, un oggetto, una lettura. Mi accorgo inoltre di avere dei colori preferiti che uso spesso: rosa di Venezia, il giallo, il verde laguna. Tra le mie fonti di ispirazione c’è il regista Wes Anderson e mi accorgo di usare una palette molto simile alla sua.

Come ti trovi con Cinquerosso Arte?

Molto bene! Mi sono divertito tantissimo all’evento del 5 maggio scorso, e sono stato felice di conoscere gli artisti. Inoltre è stata la prima volta che ho visto esposte le mie opere e ho potuto notare come reagivano le persone nel guardarle. Sto imparando tanto grazie a Cinquerosso Arte.

Scopri le opere di Giovanni Mercatelli!

Polina Stepanova – L’alchemica ricerca di sé

Con la sua arte gestuale, basata su imprevedibili traiettorie e imprecise alchimie, Polina imita la forza generatrice della natura. Ama l’idea di un’arte “aperta”, che possa giungere ovunque.

Polina, raccontaci il tuo percorso nell’arte.

Tutto è iniziato abbastanza presto, in famiglia. Mio padre studiava arte e mia madre studiava moda a San Pietroburgo, dove si sono incontrati. Sono quindi cresciuta in questo mondo e ho frequentato una scuola di moda e design, dove ho potuto praticare anche musica e altre discipline. Insomma, avevo davanti a me tante possibilità. Da piccola volevo diventare astronauta, e oggi mi ritrovo a fare quadri ispirati all’astrologia e alla natura: la vita prende strane strade.

Ho lasciato San Pietroburgo per andare in Belgio, a frequentare l’Accademia di belle arti di Anversa,  e ho cominciato a studiare moda. Mi sono laureata, ma soprattutto ho vissuto quattro anni abbastanza intensi, dove mi perdevo e mi cercavo in continuazione: avevo bisogno di capirmi per decidere quale potesse essere il mio futuro, da questo l’alchemica ricerca di sé. Anche in questo caso avevo la possibilità di conoscere discipline collegate all’arte, che mi aiutavano anche ad esprimermi dal punto di vista emotivo, e non solo tecnico. In seguito ho vissuto a Londra e a Parigi, e circa dieci anni fa mi sono trasferita in Italia per una consulenza, pensando di fermarmi per un breve periodo: invece sono ancora qua e ho due bimbi. Lavoro come consulente per la moda, e mi occupo di previsioni sulle nuove tendenze collegando moda, sociologia e antropologia; inoltre insegno al Polimoda di Firenze.

Hai sempre continuato a dipingere, al di là di questo lavoro?

In parte sì. Facevo consulenze per la stampa, realizzavo illustrazioni per clienti privati, ma solo un anno fa ho deciso di dare più spazio all’arte. Forse il nome artista mi suonava un po’ troppo forte e non mi definivo mai così: un anno fa, invece, ho deciso di cominciare questo percorso, raccontandolo di più, contattando più persone. Così ho incontrato Francesca e Cinquerosso Arte, e ho conosciuto altre gallerie.

Da cosa nascono le tue opere?

Sono molto ispirata dalla natura, ma da natura diciamo “pagana”, come forza elementale e genitrice. Mi piace pensare alla natura di quando non c’erano ancora esseri umani, che poi abbiamo tradotto come energia: il caos, il buio, il tramonto, il sole, la nascita. La natura, insomma, nelle sue manifestazioni più primordiali. E per questo mi ispiro spesso alla mitologia e alle religioni pagane. È interessante notare i punti di contatto con la scienza. Prendiamo l’elettricità, per esempio. Siamo abituati a pensare all’elettricità come a qualcosa di tecnico, un prodotto della conoscenza, invece questa forza era lì all’inizio dei tempi: è  in ogni atomo, in ogni cellula. Ho realizzato una serie di dipinti che si chiama Electricity ed Electric Sky, che traggono ispirazione proprio da questa riflessione.

Un’altra serie si intitola First Beings, i primi esseri, che sono proprio le idee del vento, dell’aria, i primi elementi. Altre serie sono collegate ai segni zodiacali, al loro rapporto con gli elementi, all’energia più mutabile e a quella più stabile, l’energia della distruzione, del fuoco, oppure dell’acqua, del cambiamento.

Raccontaci la tua tecnica, che è piuttosto particolare.

Mi ritrovo molto nella tecnica chiamata Gesture Painting, la pittura del gesto. Sto lavorando con inchiostri a base di resine naturali, estratte dagli insetti, che sono idrorepellenti e non si diluiscono: in questo modo si creano forme abbastanza inaspettate. Inoltre io non tocco la carta: verso l’inchiostro e guido la traiettoria di caduta senza riuscire a prevedere del tutto quello che accadrà.

In questo modo la materia si trasforma, come si trasforma anche la natura: è l’ignoto che mi piace. Mi sento libera dal bisogno del controllo. Anche quando un cliente mi richiede un’opera, può esprimere preferenze per un colore o una certa forma, ma non ha certezze.

Cosa pensi di Cinquerosso Arte?

Sono stata molto felice di essere stata contattata da Francesca. Mi è piaciuta molto questa visione di un’arte coinvolgente, aperta a tutti. Lavorare con le riproduzioni ad altissima qualità è qualcosa di simile a quello che sta accadendo nel mondo della moda: c’è il pezzo unico e poi c’è il pronto moda. Quello che fa Francesca è “pronto arte”, e lo trovo molto interessante.

Mi sento in sintonia anche con il modo in cui vengono selezionati gli artisti, non in base al curriculum ma in base a passione, talento e ricerca: c’è chi ha seguito un percorso accademico, chi ha sempre lavorato con gallerie, accanto a chi ha appena iniziato il suo percorso. Anche la possibilità di creare una comunità di artisti mi piace moltissimo.

Scopri le opere di Polina Stepanova!

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