Da sempre portatore di una visione estetica delle cose, Leandro esprime attraverso l’arte i propri paesaggi interiori. Mondi sorprendenti e placidi in cui tutti vorremmo vivere.
Leandro, raccontaci la tua storia. Almeno per quello che riguarda l’arte.
Più che una storia, si tratta del mio modo di essere. Da sempre ho una predisposizione mentale che mi porta a pensare e ripensare come si possano cambiare le cose, che è poi la spinta per ogni processo creativo. Ho sempre avuto un’opinione estetica, anche perché mio padre dipinge e dunque ho respirato e assorbito arte fin da bambino. Per diversi anni mi sono dedicato ai graffiti, e questo è stato determinante per il mio percorso professionale come graphic designer. Saper fare graffiti richiede una sensibilità nel trovare un ordine, nel trovare una distribuzione dei pesi, che mi è molto utile nel lavoro. Mi occupo infatti di grafica, illustrazione e animazione per comunicazione ed editoria, e qui posso mettere a frutto un certo tipo di capacità. Parallelamente ho continuato a nutrire la mia vena artistica, che considero di altra natura.
Quali sono le differenze?
Chi lavora come grafico, per esempio per un’agenzia di comunicazione, non dovrebbe avere un proprio stile. In questo lavoro bisogna saper raccontare qualcosa che sia coerente con l’identità visiva del cliente, creando un sistema di simboli, tratti e metafore capaci di raccontarne i valori.
L’arte invece permette di esprimere uno stile, e questo fa sì che ogni artista abbia una voce unica. Nel mio caso l’arte mi permette di far emergere la mia sensibilità, attingendo alla parte meno logica e razionale di me. Nelle mie opere esprimo pensieri e stati d’animo, con un processo mentale del tutto diverso da quello che applico nel lavoro come grafico e illustratore. Non seguo un progetto, ma cerco di raccontare qualcosa che è difficile definire con le parole, e che spesso non ha un significato univoco.
Quindi di come nasce una tua opera artistica?
Diciamo che mi si presenta. In qualche modo l’immagine mi appare, mi sembra di poterla toccare, e la riproduco. Certo, dopo aggiungo dettagli e lavoro sul colore, ma il soggetto con il suo racconto mi viene proposto in maniera quasi automatica.
Un’immagine ricorrente nelle tue opere è il bassotto. Come mai?
Lui è una parte importante della mia vita; la sua presenza simboleggia il nostro legame. Per me un cane è un posto sicuro nel mondo, lontano da ogni minaccia. Nei cani c’è una semplicità che li rende molto onesti e sinceri, molto puri. La presenza del mio cane nelle mie visioni è una sorta di contatto con questa dimensione lontana da tutte le dinamiche sbagliate del mondo. Curiosamente le mie illustrazioni sembrano esprimere una personalità diversa dalla mia, forse proprio perché attingono a qualcosa di molto profondo.
In questo periodo stai lavorando a qualche progetto artistico particolare?
A dire il vero non ho mai veri e propri progetti. Lavoro su qualcosa di nuovo quando sento che è il momento. Non mi metto a “cercare” un’idea. Posso avere periodi più o meno produttivi, ma non per effetto di decisioni esplicite. Del resto ho la possibilità di esprimermi in diversi modi: adesso per esempio, oltre al mio lavoro come grafico, illustratore e animatore, ho creato un brand di abbigliamento e ne gestisco la direzione creativa. Insomma, ho la fortuna di poter mettere a frutto l’immaginazione in molti modi.