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Cinquerosso Arte espone a Hospitality – Pad. C2 – Stand C04

Un’altra grande manifestazione per Cinquerosso Arte: dal 5 all’8 febbraio 2024 parteciperà con un proprio stand a Hospitality – Il salone dell’accoglienza per promuovere le opere dei suoi artisti emergenti in questa storica fiera B2B dedicata a operatori della ristorazione e dell’hôtellerie, che si tiene ogni anno a Riva del Garda.

Cinquerosso Arte è la prima galleria d’arte dedicata all’interior design; una piattaforma nata per portare l’arte in alberghi, ristoranti, bar e strutture ricettive attraverso la collaborazione con i professionisti dell’arredo.

Affiliato ad AIPI (Associazione Italiana Professionisti Interior Designers), Cinquerosso Arte ha infatti come mission quella di supportare la scelta delle opere d’arte per l’Horeca in fase di progettazione, ed è per questo che ha deciso di investire in questa prestigiosa fiera partecipando come espositore.

Dopo il successo della partecipazione al SIA di Rimini, dove ha avuto un posto d’onore con l’installazione di 12 opere nell’area Piscine Est, Cinquerosso Arte sarà presente a Riva del Garda, Padiglione C2, stand C04, per offrire una panoramica sul suo catalogo di opere d’arte e presentare il suo servizio di consulenza B2B.

Giunto ormai alla 48esima edizione, Hospitality è uno dei più importanti eventi internazionali di questo settore,e nella scorsa edizione ha visto la presenza di 636 espositori e 18.500 visitatori. La partecipazione a Hospitality è quindi una grande opportunità per Cinquerosso Arte, che potrà così entrare in contatto con interior designer, architetti, contractor, proprietari di alberghi e catene alberghiere di tutto il mondo. È proprio al momento della progettazione, infatti, che risulta importantissimo scegliere le opere d’arte che andranno a completare gli arredi, perché questa scelta ha un impatto decisivo sull’identità degli ambienti, sull’atmosfera e – in definitiva – sull’esperienza dell’ospite. Che sia un albergo, un ristorante, un bar o più in generale una struttura dedicata all’accoglienza, le opere d’arte possono fare la differenza, e poter scegliere in un vasto catalogo di opere, stili e tecniche permette di raffinare al massimo la selezione.

Cinquerosso Arte si propone come partner competente e affidabile per i progettisti, capace di portare un importante valore aggiunto ai progetti di arredo, con il proprio servizio B2B, un’ampia selezione di opere, stampe fine art in edizione limitata e progetti personalizzati.

Arrivederci a Riva del Garda!

Scopri il nostro servizio B2B per l’interior design!

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Andrea Rocchi – Il mio lavoro è passione, emozione, ricerca

Titolare dello studio omonimo di Interior design e responsabile del settore HoReCa per l’AIPI l’Associazione Italiana Professionisti Interior designers, Andrea Rocchi è l’interlocutore ideale per parlare del rapporto tra architettura e arte nella contemporaneità.

Può parlarci del suo lavoro?

Ho uno studio di architettura di interni specializzato nel settore HoReCa, ovvero progetti per hotel e locali food. Oggi ho una decina di collaboratori e gestiamo quasi esclusivamente progetti per grandi aziende, società per azioni e alberghi partendo dalla categoria quattro stelle a salire. Inoltre sono responsabile nazionale dell’Aipi, l’associazione Italiana Professionisti Interior Designers, per quanto riguarda il settore HoReCa.

Quali sono le particolarità del suo studio?

Ce ne sono almeno due. Oltre ad avere architetti e ingegneri che si occupano delle questioni più tecniche, sono presenti architetti che si occupano di comunicazione e di grafica legata al mondo del food. Ritengo indispensabile curare anche questo aspetto per dare corpo a progetti di valore. Invece di appoggiarmi all’esterno, ho preferito gestire la comunicazione, ormai parte integrante dei nostri progetti, in modo complementare al progetto di interior.

La seconda particolarità, e in questo siamo quasi unici, è che ho sempre una o due persone che si occupano di operare nella ricerca legata al design. Cerchiamo di capire quello che succederà nel futuro, il che significa sia monitorare le evoluzioni tecnologiche (e quindi intravedere quali potrebbero essere le novità che le aziende proporranno) sia mantenere un osservatorio sulle nuove tendenze. Ed è qui che subentra il ruolo dell’arte, perché le tendenze sono legate allo stile, al gusto. Quando parlo di arte non mi riferisco solo all’arte figurativa, ma anche alla musica, al cinema, al teatro: tutte cose che approfondiamo e seguiamo per nutrire le nostre proposte. Cerco di farmi capire con un paragone: noi non facciamo prontomoda, cerchiamo di sfilare in passerella, provando a proporre soluzioni sempre nuove e in linea con i tempi. Con la differenza che la moda, dal punto di vista analitico, ha una cadenza di ricerca stilistica di tipo annuale, mentre nel nostro settore si lavora su ritmi che vanno dai tre ai sei anni.

Un’altra cosa a cui tengo molto è il concetto di formazione continua. Per fare questo lavoro, come del resto per ogni lavoro con una forte componente individuale, servono due cose: una certa predisposizione – un talento diciamo – e un impegno continuo per ampliare le proprie visioni e migliorare le proprie tecniche. Quando effettuo un colloquio alla ricerca di collaboratori per il mio studio non guardo le conoscenze tecniche eccetera, ma guardo passione, etica e obbiettivo della persona, perché sono certo che, se presenti, tutto funzionerà al meglio.

Che cosa le dà motivazione nel suo lavoro?

La mia motivazione è poter dare qualcosa alle persone che vivranno, lavoreranno o si troveranno a frequentare gli ambienti che progetto. La prima cosa che possiamo dare è un’emozione, quella che si ricava di primo impatto. Le ricerche dimostrano che noi ricaviamo una prima impressione in sette secondi, sette secondi che saranno decisivi nel nostro giudizio.

A questa impressione preliminare seguirà poi un giudizio vero e proprio, che ha a che fare con l’esperienza che le persone si ritrovano a vivere e che possiamo riassumere con la parola comfort, ovvero quanto ci fa stare bene e ci emoziona l’ambiente in cui ci troviamo.

Tutte le volte che mi capita di parlare in pubblico sottolineo quanto sia importante l’emozione. Dobbiamo provare emozioni lavorando, per poter emozionare i nostri clienti che magari si commuoveranno vedendo il loro nuovo locale, e per poter emozionare gli ospiti che in quel locale si ritroveranno.

Che ruolo ha l’arte nell’interior design, dal suo punto di vista?

È importantissima, per due motivi. Intanto perché negli hotel e nei locali che arrediamo utilizziamo molte immagini create da artisti – dai quadri ai motivi sulla carta da parati –, ma anche perché l’arte è indispensabile per quel processo di formazione continua di cui parlavo prima. Insisto molto con i miei ragazzi perché vadano a vedere mostre e si tengano aggiornati su quello che accade nel mondo dell’arte, perché è così che si forma il gusto. Che cosa rende gli italiani così diversi dagli altri? Perché siamo così apprezzati nel mondo? Perché nasciamo, cresciamo e viviamo in mezzo all’arte. Le nostre città sono bellissime, studiate da architetti, piene di statue e iconografie legate alle diverse epoche. I nostri occhi, la nostra mente, si abituano alle cose belle: moda, design, arte, architettura, musica, letteratura.

Che cosa pensa di Cinquerosso Arte?

Trovo che sia una bellissima iniziativa, qualcosa che mancava nel nostro settore. Nessuno mai aveva pensato di mettere insieme artisti da proporre agli studi di architettura che lavorano nel campo dell’ospitalità e della ristorazione, offrendo sia qualità sia prezzi compatibili con i budget di un allestimento. Per questo, appena sono venuto a conoscenza di Cinquerosso Arte ho deciso di coinvolgerla nei prossimi progetti.

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Anita Bortolotti – Mondi fantastici per guardare oltre

Anita Bortolotti ha iniziato a disegnare nella sua casa nel bosco, e la sua fonte di ispirazione rimane la natura. Una natura che viene però trasfigurata fino ai limiti dell’astratto, per aprirsi a tutte le interpretazioni possibili.

Anita, raccontaci di te.

Ho sempre avuto la passione per il disegno e l’illustrazione. Ricordo che, da bambina, ancora prima di mettermi a tavola per la colazione già disegnavo. Ho avuto la fortuna di crescere in mezzo alla natura, in una casa nel bosco, e ne ho ricavato tanta ispirazione. In seguito, avendo frequentato un liceo classico ho dedicato davvero poco tempo a questa passione, ma poi sono stata ammessa all’ISIA di Urbino dove ho studiato progettazione grafica e comunicazione visiva.

Studiando mi sono sempre più convinta che la mia strada fosse quella delle illustrazioni, o comunque delle arti visive; ho sperimentato varie tecniche, dalla serigrafia alla tipografia a caratteri mobili alla fotografia, e questo mi ha permesso di ampliare le mie capacità anche nell’ambito dell’illustrazione. Ho cercato, insomma, di arricchirmi attraverso la conoscenza delle diverse forme espressive e dei diversi strumenti, senza più smettere di realizzare illustrazioni. Ora vorrei frequentare un master per specializzarmi ulteriormente.

Come nascono le tue opere?

Anche oggi la mia fonte d’ispirazione primaria resta la natura. Nelle mie opere ricorrono forme naturali, ma a partire dall’ispirazione originale quelle forme e quei colori cambiano e si fanno sempre più astratti. Anche il volto umano mi ispira molto.

Quando non ho un obiettivo preciso da raggiungere posso dare libero sfogo alla mia creatività; allora parto da una visione primaria, nel senso che immagino più o meno quello che voglio realizzare,  e poi lascio molto spazio anche alla gestualità, in modo istintivo. Nel farlo attingo al mio background, cioè alle tantissime immagini che ho avuto e ho sotto gli occhi, ma anche ai miei studi e alle mie letture. Da piccola mi sono stati letti tantissimi libri illustrati, il che mi ha permesso di costruirmi una cultura visiva che ovviamente continua ad ampliarsi. Le mie opere non sono pure rappresentazioni di quello che vedo, ma sono piuttosto un modo per esprimere quello che sento: la mia è un’arte molto emotiva. Ne viene fuori qualcosa che per me ha un significato preciso, ma mi piace che possa essere interpretato liberamente dagli altri.

Ti è capitato di ricevere commenti che ti hanno stupita?

Sì. Per esempio, durante la pandemia avevo realizzato un’illustrazione in cui rappresentavo i collegamenti tra le persone e la loro capacità di adattarsi alla situazione che stavano vivendo; molti invece hanno notato di più l’interdipendenza tra queste persone. È stato interessante verificare come questo significato, che non avevo previsto, sia venuto fuori spontaneamente. Vuol dire che un’opera può produrre tanti spunti di riflessione: è un modo per confrontarsi e far emergere sempre qualcosa di nuovo.

Dunque la tua è un’arte emotiva ma anche riflessiva, qualcosa che induce a pensare.

Lo spero. Sicuramente nasce dalle emozioni che provo e, come dicevo, dal mio background. Ne vengono fuori mondi fantastici, astratti, e mi piace pensare che possano ampliare gli orizzonti di chi guarda.

Come ti trovi con Cinquerosso Arte?

Sono contentissima, intanto perché ho conosciuto Francesca che è una persona stupenda a livello umano e professionale. Abbiamo avuto l’occasione di fare un pranzo tutti insieme, così ci siamo conosciuti e ho avuto la possibilità di sentire parlare di arte da persone di diverse età, con esperienze così differenti tra loro. È una bellissima occasione per crescere, considerando che ho solo 22 anni.

Scopri le opere di Anita Bortolotti!

Giovanni Mercatelli – L’avventura dell’arte

Malgrado la giovane età, Giovanni ha le idee chiare sul suo futuro e vorrebbe dedicare la sua vita all’arte. Le sue opere riflettono una personalità energica, poliedrica e appassionata, che lo ha già portato in giro per il mondo.

Giovanni, raccontaci di te e del tuo rapporto con l’arte.

Il mio rapporto con l’arte inizia in un’epoca di cui non ho memoria. Mia madre mi racconta che tornavo a casa dall’asilo tutto sporco perché mi rotolavo nei colori, su tele enormi. E anche a casa ero circondato da materiali artistici perché mia madre realizzava (e realizza tutt’ora) bellissime cornici in cartapesta; inoltre è un’interior designer ed è sua abitudine visitare mercatini e portare a casa bellissimi oggetti che per me sono sempre stati fonte di ispirazione. Mio padre invece dipinge con gli acquarelli; la sua particolarità è che dipinge sempre lo stesso soggetto, un panorama marino, forse perché ha nostalgia dei tempi in cui viveva ai Caraibi. Così ho sempre respirato arte e ho continuato a disegnare anche da adolescente, ma questa passione ha iniziato a prendere una forma definita quando – a 19 anni – mi sono trasferito in Olanda per studiare.

Eri andato a studiare arte?

No, design industriale del prodotto. Purtroppo non mi sono trovato bene: la città, il clima, non mi piacevano e sono stati tre anni piuttosto duri durante i quali mi sfogavo appunto disegnando. L’arte, quindi, è arrivata come via di salvezza, come sfogo.

I disegni di quel periodo erano molto scuri, molto viscerali. Già allora emergevano i richiami al mondo del fumetto, perché l’altro sistema che avevo trovato per consolarmi era leggere Hugo Pratt. Corto Maltese è per me fonte di grande ispirazione: sogno una vita avventurosa come la sua e proprio per questo dopo la laurea triennale sono andato a vivere in un’isola dall’altra parte del mondo: a Key West.

L’isola di Hemingway.

Esatto. È il punto più a sud degli Stati Uniti d’America, nello stato della Florida, di fronte a Cuba. Ero ospite di un’amica di famiglia che ha una galleria d’arte dove espone tutti gli artisti locali. Mi sono ritrovato quindi circondato da opere d’arte che straripavano di colori. Per me era una novità assoluta, perché in quel periodo disegnavo solo in bianco e nero con la penna a china. Sono rimasto lì circa un anno. Mi mantenevo lavorando come muratore e intanto scoprivo gli acquarelli, portando il colore nei miei disegni. Il mio periodo a Key West è stato molto solitario, perché mi sono trovato lì nel periodo della pandemia e sull’isola vivono solo anziani, ma è stato anche molto sereno.

E dopo?

Sono tornato in Italia per frequentare un master sulla sostenibilità, che ho poi terminato in Olanda. A quel punto però ho deciso di dedicarmi all’arte con maggiore serietà e ho cominciato a ritagliarmi del tempo. Disegnavo e disegnavo, e nella mia mente si andava chiarendo il proposito di “fare le cose in grande”. Ho preso quindi la decisione che, una volta terminato il master, sarei tornato a casa e avrei iniziato a dipingere con più assiduità, anche per vedere se le mie opere potevano piacere a qualcuno. Penso che sia la mia strada e vorrei seguirla fino in fondo. Vorrei mantenermi con l’arte e avere una vita avventurosa, come dicevo.

Come nascono le tue opere?

Comincio a distinguere due processi: uno è quello istintivo, per cui disegno senza pensare; il secondo invece parte da un’idea, da qualcosa che vedo intorno a me, da un ricordo, un oggetto, una lettura. Mi accorgo inoltre di avere dei colori preferiti che uso spesso: rosa di Venezia, il giallo, il verde laguna. Tra le mie fonti di ispirazione c’è il regista Wes Anderson e mi accorgo di usare una palette molto simile alla sua.

Come ti trovi con Cinquerosso Arte?

Molto bene! Mi sono divertito tantissimo all’evento del 5 maggio scorso, e sono stato felice di conoscere gli artisti. Inoltre è stata la prima volta che ho visto esposte le mie opere e ho potuto notare come reagivano le persone nel guardarle. Sto imparando tanto grazie a Cinquerosso Arte.

Scopri le opere di Giovanni Mercatelli!

Polina Stepanova – L’alchemica ricerca di sé

Con la sua arte gestuale, basata su imprevedibili traiettorie e imprecise alchimie, Polina imita la forza generatrice della natura. Ama l’idea di un’arte “aperta”, che possa giungere ovunque.

Polina, raccontaci il tuo percorso nell’arte.

Tutto è iniziato abbastanza presto, in famiglia. Mio padre studiava arte e mia madre studiava moda a San Pietroburgo, dove si sono incontrati. Sono quindi cresciuta in questo mondo e ho frequentato una scuola di moda e design, dove ho potuto praticare anche musica e altre discipline. Insomma, avevo davanti a me tante possibilità. Da piccola volevo diventare astronauta, e oggi mi ritrovo a fare quadri ispirati all’astrologia e alla natura: la vita prende strane strade.

Ho lasciato San Pietroburgo per andare in Belgio, a frequentare l’Accademia di belle arti di Anversa,  e ho cominciato a studiare moda. Mi sono laureata, ma soprattutto ho vissuto quattro anni abbastanza intensi, dove mi perdevo e mi cercavo in continuazione: avevo bisogno di capirmi per decidere quale potesse essere il mio futuro, da questo l’alchemica ricerca di sé. Anche in questo caso avevo la possibilità di conoscere discipline collegate all’arte, che mi aiutavano anche ad esprimermi dal punto di vista emotivo, e non solo tecnico. In seguito ho vissuto a Londra e a Parigi, e circa dieci anni fa mi sono trasferita in Italia per una consulenza, pensando di fermarmi per un breve periodo: invece sono ancora qua e ho due bimbi. Lavoro come consulente per la moda, e mi occupo di previsioni sulle nuove tendenze collegando moda, sociologia e antropologia; inoltre insegno al Polimoda di Firenze.

Hai sempre continuato a dipingere, al di là di questo lavoro?

In parte sì. Facevo consulenze per la stampa, realizzavo illustrazioni per clienti privati, ma solo un anno fa ho deciso di dare più spazio all’arte. Forse il nome artista mi suonava un po’ troppo forte e non mi definivo mai così: un anno fa, invece, ho deciso di cominciare questo percorso, raccontandolo di più, contattando più persone. Così ho incontrato Francesca e Cinquerosso Arte, e ho conosciuto altre gallerie.

Da cosa nascono le tue opere?

Sono molto ispirata dalla natura, ma da natura diciamo “pagana”, come forza elementale e genitrice. Mi piace pensare alla natura di quando non c’erano ancora esseri umani, che poi abbiamo tradotto come energia: il caos, il buio, il tramonto, il sole, la nascita. La natura, insomma, nelle sue manifestazioni più primordiali. E per questo mi ispiro spesso alla mitologia e alle religioni pagane. È interessante notare i punti di contatto con la scienza. Prendiamo l’elettricità, per esempio. Siamo abituati a pensare all’elettricità come a qualcosa di tecnico, un prodotto della conoscenza, invece questa forza era lì all’inizio dei tempi: è  in ogni atomo, in ogni cellula. Ho realizzato una serie di dipinti che si chiama Electricity ed Electric Sky, che traggono ispirazione proprio da questa riflessione.

Un’altra serie si intitola First Beings, i primi esseri, che sono proprio le idee del vento, dell’aria, i primi elementi. Altre serie sono collegate ai segni zodiacali, al loro rapporto con gli elementi, all’energia più mutabile e a quella più stabile, l’energia della distruzione, del fuoco, oppure dell’acqua, del cambiamento.

Raccontaci la tua tecnica, che è piuttosto particolare.

Mi ritrovo molto nella tecnica chiamata Gesture Painting, la pittura del gesto. Sto lavorando con inchiostri a base di resine naturali, estratte dagli insetti, che sono idrorepellenti e non si diluiscono: in questo modo si creano forme abbastanza inaspettate. Inoltre io non tocco la carta: verso l’inchiostro e guido la traiettoria di caduta senza riuscire a prevedere del tutto quello che accadrà.

In questo modo la materia si trasforma, come si trasforma anche la natura: è l’ignoto che mi piace. Mi sento libera dal bisogno del controllo. Anche quando un cliente mi richiede un’opera, può esprimere preferenze per un colore o una certa forma, ma non ha certezze.

Cosa pensi di Cinquerosso Arte?

Sono stata molto felice di essere stata contattata da Francesca. Mi è piaciuta molto questa visione di un’arte coinvolgente, aperta a tutti. Lavorare con le riproduzioni ad altissima qualità è qualcosa di simile a quello che sta accadendo nel mondo della moda: c’è il pezzo unico e poi c’è il pronto moda. Quello che fa Francesca è “pronto arte”, e lo trovo molto interessante.

Mi sento in sintonia anche con il modo in cui vengono selezionati gli artisti, non in base al curriculum ma in base a passione, talento e ricerca: c’è chi ha seguito un percorso accademico, chi ha sempre lavorato con gallerie, accanto a chi ha appena iniziato il suo percorso. Anche la possibilità di creare una comunità di artisti mi piace moltissimo.

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Maria Paola Grifone – La realtà mi interroga

Si definisce permeabile, Maria Paola Grifone. Permeabile a tanti stimoli, da un’ombra su un muro a una notizia di attualità, che sente il bisogno di indagare attraverso l’arte. Dipingere per conoscere, dunque, come spiega con parole limpidissime.

Maria Paola, puoi raccontarci il tuo percorso?

Ho fatto il liceo artistico tradizionale, dove ancora si disegnava tanto, e forse per questo sono così legata alla copia dal vero. In seguito ho frequentato un corso per fashion designer, ma mi sono resa conto che mi interessava più l’illustrazione di moda che non la realizzazione di modelli, e ho deciso di iscrivermi all’Accademia di belle arti. Qui ho frequentato il corso di pittura e ho avuto modo di approfondire la mia identità artistica, anche attraverso le mostre e tutto quello che girava attorno a quell’ambiente.

Quali tecniche usi solitamente?

Dipende molto dai periodi. Le diverse tecniche che utilizzo sono accomunate dall’immediatezza esecutiva. Quindi, ad esempio, la china su carta lucida mi permette un’esecuzione diretta; non ho bisogno di fare bozzetti o studio del soggetto, quello che succede sulla carta è il frutto di un flusso continuo tra me, il soggetto stesso e quello che utilizzo per rappresentarlo, in questo caso la china. In quest’ultimo periodo sto utilizzando carboncino, fusaggine, grafite in polvere su carta oppure tela preparata. Diciamo che utilizzo degli estremi di materia: la china è molto liquida, e scivola sulla carta, mentre la polvere di grafite, oppure il carboncino, sono materiali secchi, cioè l’esatto opposto. Non ho ancora capito se c’è un motivo per questo mio passare da un estremo all’altro. In ogni caso per me la tecnica non può essere distinta dal contenuto. Se uso l’olio o l’acrilico, per esempio, è perché quello che voglio esprimere può essere espresso solo con l’olio o l’acrilico. Questo gioco di “opposti” mi ha portato all’essenzalità del bianco e nero, diventato indispensabile per la mia esigenza espressiva. È un contrasto che fa emergere le contraddizioni più umane: la vita e la morte, la luce e il buio… tutto ciò che siamo.

Quali sono le tue fonti di ispirazione?

Non è semplice rispondere a questa domanda. Diciamo che le sto pian piano scoprendo, ne sto prendendo consapevolezza. L’ispirazione la trovo osservando la realtà, a partire dagli oggetti, o dai volti, per esempio. Ho fatto dei lavori sulle ombre che si formano sui muri, per fare un altro esempio. Ho capito che quando il mio sguardo si posa su qualcosa devo indagare.

Ultimamente sono attratta da tematiche di attualità, per cui sto lavorando sulla guerra e sulla sofferenza. In questo caso le mie fonti sono i media, dai giornali al web. Cerco e guardo immagini a non finire, ovunque.

Mi sono di ispirazione anche la musica – che ascolto quotidianamente – i video musicali, o i film. Perfino una conversazione o un articolo possono essermi di stimolo, magari per riflettere poi su un aspetto sociale o psicologico. Sono molto permeabile. Mi piace guardare, mi piace ascoltare, e se qualcosa mi colpisce sento l’esigenza di approfondirla e rappresentarla. 

Attualmente su cinquerossoarte.com ci sono Le forme nascoste, Equilibrio, Dentro di me e Vaso nero. Cosa puoi dirci di queste opere?

Sono oggetti rappresentati dal vero, con cui ho un legame affettivo. Hanno in comune il fatto di essere contenitori. Non sono vuoti, insomma. Mi piaceva giocare – ancora una volta – con gli opposti: il pieno e il vuoto in uno spazio bianco, quasi eterno, senza connotati. La tecnica che ho utilizzato, la china su carta fotografica, mi ha permesso di ottenere quell’immediatezza di cui parlavo. È un non-controllo che lascia spazio a ciò che liberamente accade mentre dipingo, anche quando si tratta di “errori”: spesso sono proprio questi a sorprendermi e a portare l’immagine dove voglio. È una tecnica di realizzazione, ma è anche una metafora della vita che funziona proprio così, per imprevisti e sbavature.

A cosa stai lavorando in questo momento?

In questo periodo sto indagando un tema molto caldo, cioè il rapporto tra uomo e tecnologia. Quello che sento emergere e che rappresento è un’umanità che, di fronte alla complessità, cerca una via di fuga. Sono figure immerse in un vuoto fisico, con tanto bianco che sottolinea questa distanza tra noi e la realtà. Presto le vedrete su cinquerossoarte.com.

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